Non c’è tempo per l’Ilva

Audizione che lascia perplessi

Dalle parole del consigliere strategico di Matteo Renzi, Andrea Guerra, in audizione in commissione Industria al Senato, abbiamo capito che per permettere al settore siderurgico di entrare al più presto nella disponibilità di fondi “ci sono tre vie con tempi diversi”, ma non quale via il governo intenda percorrere e se i tempi possano permettere al governo, o a chi per lui, di riuscire a compierla. Raramente abbiamo visto tanto fumo addensarsi alla commissione Industria. Non ci piove che il tempo per l’Ilva è diventata una questione fondamentale, ad esempio, la proposta di un piano industriale presentato dai vecchi proprietari, i Riva, Guerra ha detto che è giunta fuori tempo massimo. Poi che bisogna intervenire in fretta, “settimane non mesi”. Però Guerra ha anche detto che il governo non è interessato a prendersi in carico il risanamento e il rilancio dell'Ilva, per cui bisognerebbe sapere chi, se non il governo, se non i Riva, possa essere in grado di chiudere in fretta il contenzioso con Fintecna, da cui dovrebbero arrivare 100-150 milioni, poi velocizzare la costituzione della newco e di patrimonializzarla bene, e persino "facilitare al massimo la strada intrapresa dai pubblici ministeri di Milano" per entrare in possesso dei fondi dei Riva attualmente sotto sequestro o confiscati. Anche Guerra dovrebbe accorgersi che manca il soggetto di tanto operare. Poichè il tempo è breve, “perché di stato patrimoniale un'azienda può morire in una notte”, qualche indicazione più pratica sarebbe stata più opportuno tracciarla. L’ottimismo di Guerra è stato formidabile: "fatto questo – ha detto - l'Ilva è un'azienda facile da risanare e da portare agli utili". Noi ne siamo convinti, pensiamo che l’Ilva sia un gioiello dell’industria italiana, capace di competere con i più grandi giganti dell’acciaio mondiale e proprio per questo ci spaventa la condizione drammatica in cui è precipitata. Sicuramente la pensiamo all’antica e siamo sempre rimasti convinti che i capitalisti non si improvvisa e le dinastie vadano rispettate. Se non si possono rispettare almeno riuscirle a sostituire. Guerra ha detto invece che l’Ilva “dovrebbe essere per larghissima parte, se non totalmente, a capitale pubblico”. Il ruolo dei privati, tenderebbe a sparire. E quindi chi se non il governo può prendersi cura dell’Ilva? E questo Guerra lo ha negato. Da qui la contraddizione preoccupante, perché se “l'arbitro ha già fischiato il fine partita”, come ha detto Guerra rivolto ai Riva, non ci sono più squadre che giocano, dunque sarebbe meglio rifarla questa partita. Oppure oramai il governo ha già fatto i suoi conti e si è candidato alla guida del gruppo industriale, senza che Guerra lo abbia ammesso. Perché certo non sarà il gruppo Arvedi con tutto il rispetto a rilevarla. Arvedi ha auspicato che con "l'Ilva non succeda quello che è successo con Terni e Piombino". In queste condizioni, viene da pensare che purtroppo questo sia proprio l’esito più plausibile.

Roma, 21 gennaio 2015